Io ora URLO.

No. Essere donna in quei maledetti cinque giorni al mese fa schifo. SCHIFO. Non so cosa diavolo mi prenda oggi, ho gli ormoni che roteano come neutroni impazziti. Urlo, scatto. A momenti inizio a picchiare il muro. Domani torno anche a casa, dunque mi aspetta un viaggio in treno. Sto invocando la castrazione indolore per eliminare tutti gli ormoni in un sol momento.

Che urto. Ma perchè devo essere in questo stato di sconvolgimento totale? Una mia povera coinquilina inizia a temermi. Quel pover uomo del mio ragazzo ha subito una telefonata da pazza furiosa in cui gli comunicavo di odiare TUTTI e dunque di non offendersi se lo insulto a morte.

Sono una ragazza di merda. Uffa.

Perdonate il tono di questo post. Necessitavo sfogo. Anzi non vi chiedo neanche scusa. Ho il ciclo dunque posso.

Sgrunt. A.

Gioia.

Sono stati giorni pieni, intensi e che non mi hanno lasciato un attimo di respiro. Il master da sempre nuovi spunti di riflessione, nuovi grandi nomi di cui innamorarsi.

Il weekend invece è stato una sorta di “ritorno a casa”: TRASHICK è venuto a Pistoia. Trashick è una serata, è un gruppo di amici, folli e meravigliosi che ormai seguo da tre anni e mezzo. Ieri sera sono partita con due amici e la magica Cinci (macchina super power meravigliosa *-*) e dopo circa un’oretta di strada siamo arrivati a destinazione. Vedere visi amici, sorrisi, abbracci, la musica che mi fa sentire libera…è stato davvero bello. Era da capodanno che non passavo una serata con loro e, nonostante sembra strano, tornare a casa alle sei del mattino e avere un mal di testa tremendo al risveglio non mi ha pesato per nulla.

Mercoledì torno a Milano e questa volta mi fermo per almeno una decina di giorni. Avrò milioni di cose da fare, devo recuperare qualche lezione del master, sistemare le centinaia di pagine di appunti, preparare un’intervista e magari anche rilassarmi, vedere gli amici…

Questa volta ho davvero voglia di tornare a casa, mi manca Milano. Giugno si avvicina e anche la fine di questa esperienza da studentessa “fuori sede” …non voglio abbandonarmi ai bilanci, ma presto vi tedierò anche con quelli 🙂

Buona serata

😉 A.

A volte qualcosa conti davvero.

La crisi esistenziale che ho avuto settimana scorsa oggi ha avuto una sorta di conclusione. Oggi al master è venuto a far lezione il mio professore, Nando dalla Chiesa. Ammetto di provare una stima spasmodica e spesso ridicola nei suoi confronti (ho saltellato canticchiando per l’ora precedente al suo arrivo), però oggi ho davvero avuto conferme che mi faranno andare avanti con più forza.

Mi sono resa effettivamente conto che, nel bene e nel male, incontrare quel professore mi ha cambiata profondamente. Nonostante le mie origini tutt’altro che nordiche (madre siciliana, padre campano), fino al primo/secondo anno di università io del mondo della mafia e dell’antimafia non conoscevo pressochè nulla. Col senno di poi dovrei benedire il giorno in cui ho deciso di frequentare tra i corsi a scelta quello di Sociologia della criminalità organizzata tenuto dal prof dalla Chiesa. Mi ha aperto un mondo. Un mondo che mi ha spinta a voler fare qualcosa, a reagire. A dare, nel mio piccolo, un contributo per cambiare la situazione odierna.

Oggi quando ho visto il professore arrivare e sorridermi, quando abbracciandomi mi ha elogiata, quando ho fatto un’osservazione durante la sua lezione e lui sorridendomi mi ha detto di aver centrato il punto…ecco mi sono sentita nel giusto. Mi è sembrato anche solo per un momento di stare facendo la cosa giusta.

Perchè studiare le mafie è fondamentale. Senza conoscere il nemico non lo si può combattere. In Italia purtroppo lo si conosce ancora troppo poco. E quando stasera gli ho esposto i miei dubbi, le mie perplessità sul non vedere “la fine del tunnel”, sul non sapere più se il mio apporto servirà o meno a qualcosa, le sue parole mi hanno convinta.

“Signorina, lei deve capire che anche solo frequentando questo master lei sta facendo moltissimo. Riprenda a scrivere per Stampo (www.stampoantimafioso.it), durante il tirocinio la seguirò da vicino e, si fidi, ne caveremo qualcosa di buono”

Potrà sembrare poco, potranno sembrare parole al vento. Io non mi permetto, nè tantomeno pretendo di definirmi qualcuno che conosce effettivamente il professore, però da tre anni a questa parte la sua passione per questa missione mi ha contagiata e ha radicalmente cambiato ciò che farò in futuro. Sentirsi dire queste parole, così semplici, magari così piccole, da uno come lui mi ha fatto sentire in grado di farcela.

Magari è stupido, ma credo davvero di poter dire che incontrarlo mi ha cambiato la vita e non potrò mai ringraziarlo abbastanza per ciò che ha fatto e sta facendo per me.

Ah, comunque lo amo alla follia. In modo culturale, sia chiaro.

😉 A.

L’infingardo calzino.

Oggi è una giornata iniziata col piede sbagliato. Anzi. Col calzino sbagliato.

Stanotte mi si  è tolto un calzino e questo mi ha procurato una terribile sequenza di veglia, sonno disturbato e incubi. Quando mi si toglie un calzino durante la notte il mio riposo va letteralmente a farsi fottere (eh si, sono piuttosto inviperita).

Per cercare di migliorare la giornata ho deciso di iniziare a leggere un libro consigliatomi un annetto circa fa da un’amica: Bianca come il latte, Rossa come il sangue.

Ammetto che inizialmente ero parecchio scettica…quel titolo non mi diceva niente. Ho sospettato, sbagliandomi, che fosse un classico romanzetto adolescenziale alla stregua dei capolavori (-.-‘) di Moccia. Quanto mi sbagliavo… mi sono ritrovata incollata a quelle pagine e finchè non sono giunta all’ultima non mi sono mossa dalla scrivania.

Un libricino tanto piccolo che contiene tante frasi che mi hanno fatto riflettere, una vorrei condividerla con voi.

“Ci sono due modi per guardare il volto di una persona. Uno è guardare gli occhi come parte del volto. L’altro è guardare gli occhi e basta, come se fossero il volto. È una di quelle cose che mettono paura quando le fai. Perché gli occhi sono la vita in miniatura. Bianchi intorno, come il nulla in cui galleggia la vita, l’iride colorata, come la varietà imprevedibile che la caratterizza, sino a tuffarsi nel nero della pupilla che tutto inghiotte, come un pozzo oscuro senza colore e senza fondo.”

Queste parole mi hanno riportata indietro a questa estate, quando sono stata in grado di guardare gli occhi di un amico come fosse la prima volta che li vedessi, come se quegli occhi non avessero mai risposto ai miei. E’ stata una sensazione nuova, non saprei definirla bella o meno. Mi sono sentita come se fino a quel momento avessi portato degli occhiali appannati e di colpo…puff… la visione chiara di ciò che avevo davanti.

Ecco, credo sia una sensazione che chiunque meriti di provare almeno una volta nella vita. Io ho gli occhi chiari e milioni di volte nella vita mi sono sentita dire che ho dei begli occhi, non so perchè ma io invece di apprezzare gli occhi chiari sono perdutamente innamorata degli occhi scuri, quasi neri. In quelle iridi tanto scure si nasconde di tutto, mi sembra di perdermici. Vorrei proporre a chiunque leggesse di guardare qualcuno direttamente negli occhi, di apprezzarne le sfumature, i piccoli giochi di luci e ombre, le macchioline di colore diverso.

Ci si perde negli occhi altrui, ma è un viaggio meraviglioso.

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😉 A.

Giornata nazionale in ricordo dell’impegno e delle vittime di mafia.

Latina. 22 marzo 2014. Era la prima volta che vedevo Latina, città a dir poco unica nel suo genere. L’anima fascista è terribilmente viva tra quelle vie che si incrociano ad angolo retto e quei palazzi immensi, con le colonne grandi e maestose.

Latina, una città in cui migliaia di persone, uomini, donne e tantissimi bambini hanno marciato in ricordo delle vittime della mafia.

Giunti nella piazza centrale di fronte al palco è iniziata la lettura dei nomi. Più di novecento nomi di vittime di mafia, una lista lunghissima e straziante, soprattutto perchè alcuni dei lettori erano proprio familiari delle vittime.
Il discorso di Don Ciotti poi che scuote l’anima. Io non credo, sono più di dieci anni che ormai sono piuttosto restia nel fidarmi del clero e della Chiesa in generale. Ma Ciotti riesce a smuovere le coscienze, ti comunica una forza che in un solo uomo non ho idea di come faccia a starci. Un uomo grande, immenso che con parole semplici e dirette sa comunicare a tutti, dal bambino più piccino all’anziano.

Nel pomeriggio sono poi riuscita finalmente a vedere lo spettacolo de “Il tappeto di Iqbal”. Questi ragazzi di Barra (quartiere a forte presenza camorrista di Napoli) regalano emozioni. Le lacrime mi hanno riempito  gli occhi. Hanno una forza che lascia interdetti. In confronto a loro, che ogni giorno combattono contro una realtà che tenta di schiacciarli, mi sento davvero una che non fa niente. Giovanni Savino, il presidente della cooperativa, è un vero e proprio angelo per quei ragazzi.

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I ragazzi de Il tappeto di Iqbal e Giovanni Savino

Sono rientrata a casa a mezzanotte passata. Stanchissima, ma carica come solo dopo giornate come questa si è. C’è voglia di fare, di combattere ancora di più, di dare un contributo davvero significativo. Il master che sto seguendo forse mi aiuterà ad avere delle competenze che mi serviranno per fare qualcosa di davvero utile.

 

Ho tanti amici che se sono andati da questo Paese, disgustati, stanchi. Convinti che non ci sia alcuna possibilità di ripresa. Hanno compiuto una scelta difficile: lasciare casa, lasciare la famiglia, gli amici, gli amori per andare a vivere in un Paese straniero. Io però non condivido.

Se ce ne andassimo tutti chi ci penserà a questa Italia? Non possiamo aspettare che siano altri a rimetterla in sesto. Sicuramente non sarò io a “salvare il Paese” però vorrei fare la mia parte. Per me, per il mio futuro, per il futuro di mio fratello. Ma non solo. Anche per tutti coloro che vanno via. Per dargli la possibilità di avere sempre un posto da chiamare CASA in cui tornare, perchè perdere la fiducia nel proprio Paese di origine è terribile. Viaggiare, fare esperienze all’estero fa crescere ed è fantastico, ma non avere un luogo in cui tornare e sentirsi davvero a casa destabilizza, ti lascia senza radici. E cosa potrai mai costruire senza radici?

Ci sono tanti, troppi motivi per andarsene, io, nel mio piccolo, ho trovato dei motivi per restare e combattere. Una speranza di miglioramento c’è, io ci credo. Ora potrete darmi della povera illusa, può essere, ma sarò una povera illusa che almeno ci ha provato.

Buona domenica

😉 A.

Serendipità.

Oggi ho avuto una lezione di quattro ore di diritto penale applicato all’organizzazione di stampo mafioso. Il professore che ha tenuto la lezione è una sorta di mostro sacro dell’ambiente: il magistrato Giuliano Turone (http://www.wuz.it/biografia/1689/turone-giuliano.html ).

Un uomo a dir poco interessante…si è presentato con un maglioncino giallo canarino e un fare a dir poco rigoroso. In fondo è un magistrato, di quelli anche coi controcoglioni (permettetemi il francesismo). Bè, lezione interessante, molto pesante da seguire…soprattutto dopo pranzo. Ma tutto sommato interessante.

Il punto è un altro. Parlando di come si svolgono le indagini preliminari ad un processo per 416bis, il prof. Turone ci ha spiegato il concetto di serendipità. Ora. Passerò per idiota (e lo sono parecchio) ma, essendo io ignorante, la prima cosa che mi è venuta in mente è Serenity di Sailor Moon (LOL). Fortunatamente ci è stato poi spiegato che con serendipità si intende un qualcosa che viene scoperto, mentre si cerca tutt’altro.

E ora voi direte: beh, dunque? Dunque io sono disgustosamente smielosa. Perchè appena ascoltata la spiegazione mi è parsa palese la realtà che sto vivendo.

I mesi da settembre a dicembre sono stati per me mesi di profonda analisi interiore. Ho cercato di capire cosa mi faceva stare bene e cosa no, cosa volevo mantenere nella mia vita e cosa eliminare. Ed ero giunta a una conclusione che mi prospettava un futuro felice e pieno: non avere uomini intorno (a livello sentimentale) mi donava un equilibrio interiore invidiabile anche dal Dalai Lama.
In un momento in cui cercavo di riscoprire me stessa, i miei interessi abbandonati e che volevo riprendere tra le mani, libri dimenticati e similari…ecco. Non lo cercavo. Non lo volevo neppure. Credevo non mi servisse, credevo di essere perfettamente equilibrata senza. Invece…invece ho trovato Lui.

Smielato? Oh sì, da morire. Stupido ridurre a un uomo l’equilibrio tra sorrisi e sconforti? Possibile. Però mi sono arresa all’ovvietà. Rispondere ai suoi sorrisi mi viene naturale, ma soprattutto mi piace. Chiamarlo per un semplice “mi manchi” non mi abbatte, mi rende più forte e cosciente del bene che gli voglio.

Dunque sì, sono smielata, ogni tanto da diabbbbete. Ma sono felice e in pace con me stessa.

Ah, come si sta bene così… 🙂

PS: solo a una pirla come me potevano scaturire certi pensieri durante una lezione di diritto penale XD

😉 A.

Scontro interiore.

Premessa: sono mezza influenzata (che odio -.-‘) dunque se straparlo chiedo venia.

La lezione di stamani mi ha lasciata con un pensiero che mi si è bloccato in capo. Si è trattato di una lezione di sociologia della devianza. Verso la fine ci è stato posto un quesito a cui personalmente non riesco a rispondere del tutto sinceramente:

Un uomo che ha ucciso, ad esempio, la compagna perchè trovata a letto con un altro al rientro a casa, merita di essere bollato come assassino per tutta la vita, anche nel momento in cui esce dal carcere dopo aver scontato la sua pena? E, sempre quest’uomo, è possibile da mettere a confronto con un criminale incallito come, ad esempio, un mafioso?

Ecco. Il mio primo istinto è stato quello di dire che un omicidio è sempre un omicidio, dunque quest’uomo merita di essere definito un assassino per sempre. Però poi il professore mi ha posto la questione in modo diverso…Lui insegna in carcere, dunque conosce molti detenuti, tra cui anche degli assassini (di cui all’esempio riportato). Ovviamente egli ci ha raccontato che quando ti ritrovi a conoscere queste persone inizi a scindere il reato dal reo e, come dire…inizi a vedere la persona in quanto tale. Questo mi ha lasciata con molti dubbi, anche perchè, guardando alla mia esperienza personale, io un dubbio di valutazione simile lo ho da due anni.
Come si reagisce in modo corretto nel momento in cui una persona che conosci, che fino a una decina di mesi prima frequentavi abitualmente, compie un omicidio efferato? Come si fa ad accostare le sue terribili azioni (è reo confesso) alla persona dolce e gentile con cui scherzavi e chiacchieravi? Ecco. Io non lo so.

Nel caso specifico, successivamente all’uscita sui giornali della notizia, provai un forte disorientamento seguito da incredulità. Incredulità NON della veridicità dei fatti (più che accertati), ma incredulità del fatto che chi li aveva commessi fosse una persona che consideravo un amico. Solitamente, quando avvengono omicidi o similari, al telegiornale si sentono i vicini di casa dell’assassino dire che “era una così brava persona, così tranquillo, salutava sempre” e la mia reazione è sempre stata di sdegno e di perplessità. Ho sempre detto “seh certo…una brava persona… guarda che ha fatto!”. Invece no. Quando è uscita la notizia sui giornali ho provato la medesima sensazione. Ma come fare a dire che “era una così brava persona” quando leggi le parole piene di dolore e rabbia degli amici della vittima? Come fare a non sentirsi totalmente spogliati delle sicurezze che si hanno quando si conosce qualcuno?

Non ho una soluzione a queste domande. Rimangono per me aperte, senza soluzione. Ma avevo bisogno di dirlo, magari qualcuno mi darà il suo punto di vista.

Buona festa delle donne comunque…

😉 A.

Sconvolgimento.

In questa camera sembra sia passato un tornado. Si vede che sono giornate di lezione in cui non ho tempo neanche di grattarmi il naso. Domani pomeriggio se non mi decido a sistemare credo che verrò (molto presto) sommersa da una montagna di vestiti, libri e quant’altro. Che gioia.

Oggi, mentre tornavo a casa da lezione,  sull’autobus ho avuto uno strano incontro, vi spiego: mi si para davanti una donna, piuttosto bassina (detto da me è goliardico, non arrivo neanche al metro e sessanta -.-‘ ) ma con nulla di particolarmente strano che distoglie la mia attenzione dal libro che sto leggendo. A un certo punto la simpatica mini-signora decide di sedersi esattamente davanti a me. Alzo lo sguardo, lo riabbasso, lo rialzo – sgrano gli occhi – lo riabbasso. Nella mia mente si formula automaticamente un pensiero: questa donna avrà tra i 75 e gli 85 anni, è un’arzilla vecchina, ha un sacco di rughe dunque è PALESE che non sia una giovincella. Eppure. Sì, c’è un eppure. Eppure la signora qui presente ha un caschetto lungo color corvino, smalto rosso fuoco, jeans attillati e chiodo. Ora dico io, va bene la libertà di espressione…però le vecchine secondo me dovrebbero avere quei terribili tagli corti tanto morbidi, i capelli grigio bianchi, portare quei tanto candidi abiti sotto al ginocchio con tanto di calze color carne e dovrebbero profumare di buono, di nonna. Perchè quella vecchina invece mi ha voluta sconvolgere? Proprio dopo una giornata stancante come oggi poi…

Bah, vi lascio con questo mio dilemma.

😉 A.

Pisa centrale. Binario 4.

Arrivare in stazione all’ultimo secondo, salutarlo su quel binario che ormai sto imparando ad amare e odiare al contempo. Riprendere la macchina, tornare a casa con un tumulto nel cuore. Guardare il letto disfatto e non avere forza di ricomporlo.

Ho trovato un compagno adatto a me. In questi giorni ho capito che regalare un fiore ad un uomo non è poi così imbarazzante, che cedere a un minimo di romanticismo mi fa sentire bene. Ho capito che si prende cura di me con dolcezza, in modo spontaneo e col sorriso. Ho trovato qualcuno che condivide la mia allergia per i posti chiusi, che in una giornata di sole non ci pensa due volte e scappa al mare.

Siamo stati a Tirrenia e a Marina di Pietrasanta. Al mare, col sole e il vento caldo. A raccogliere conchiglie, a parlare di cose importanti e non, a confrontarci e a passeggiare sulla spiaggia. Sono stati giorni di stacco assoluto dalla realtà quotidiana, giorni di rigenerazione e scoperta di noi stessi.

Mi piace una relazione così. Quando gli dico che tengo a lui non mi aspetto risposte, perchè non ho insicurezze. So cosa voglio e anche Lui. E’ un modo di vivere che non avevo mai sperimentato e a cui aspiravo da tempo.Immagine

Ora torno al master, oggi si parla di Ecomafie. Stasera andrò alla proiezione di un documentario sull’infiltrazione mafiosa in Romagna. Devo tenere la mente occupata, ho sete di conoscere e approfondire. Questo master mi sta cambiando, mi sto rendendo conto di non essere così impreparata come credevo…inizio ad avere delle sicurezze in più per me stessa. Forse un giorno potrò davvero fare qualcosa di utile per questo Paese che tanto velocemente corre verso qualcosa di oscuro.

Ho scoperto che qualcuno che mi legge c’è. Da lontano, in silenzio, però mi legge. Chiedo scusa a tutti voi per l’eccessiva “drammaticità” di questo post, oggi però mi sento così.

😉 A.

Marzo.

Non mi sembra vero che sia già Marzo. In poche parole, sono due mesi che sono qui. Peccato che a me sembra di essere arrivata cinque giorni fa.

A Pisa continua a piovere. Ogni tanto c’è una spettacolare giornata di sole caldo, ma poi torna l’acqua. L’altro giorno addirittura la grandine. Sono metereopatica, dunque questo non aiuta affatto.

Ho deciso di buttarmi e di stravolgere il mio essere nel profondo. Sono una donna che odia le mielosità, il romanticismo lo crede inutile e stucchevole e tutti i “picci picci” della situazione amorosa mi fanno alquanto schifo. Eppure dopo ventidue anni di vita mi ritrovo a organizzare una serata romantica. Io. Le mie amiche mi hanno riso dietro, alcune chiedendo se avessi la febbre. E’ un’idea talmente lontana dalla mia persona che mi imbarazza anche solo la progettazione. Comunque PARE io sia riuscita a mettere insieme qualche idea. Stasera arriva Lui, mentre eravamo lontani c’è stato il suo compleanno e io ero qui. A 298 km da Lui, ubriaco e felice con gli amici. Mi sono sentita una merda? Oh, da morire. Dunque è per questo che ho deciso di provare a fare qualcosa di carino per rimediare la mia assenza.

Se con queste candele prende fuoco casa, chiedo scusa in anticipo…è stato fatto in nome del romanticismo -.-‘

Venerdì ho iniziato diritto penale. Ero particolarmente terrorizzata, ho studiato vari tipi di diritto (più di quanti credessi in realtà), ma penale mai. Eppure mi è piaciuto. E’ interessante, contorto e parecchio da interpretare. Insomma mi piace.

😉 A.