Latina. 22 marzo 2014. Era la prima volta che vedevo Latina, città a dir poco unica nel suo genere. L’anima fascista è terribilmente viva tra quelle vie che si incrociano ad angolo retto e quei palazzi immensi, con le colonne grandi e maestose.
Latina, una città in cui migliaia di persone, uomini, donne e tantissimi bambini hanno marciato in ricordo delle vittime della mafia.
Giunti nella piazza centrale di fronte al palco è iniziata la lettura dei nomi. Più di novecento nomi di vittime di mafia, una lista lunghissima e straziante, soprattutto perchè alcuni dei lettori erano proprio familiari delle vittime.
Il discorso di Don Ciotti poi che scuote l’anima. Io non credo, sono più di dieci anni che ormai sono piuttosto restia nel fidarmi del clero e della Chiesa in generale. Ma Ciotti riesce a smuovere le coscienze, ti comunica una forza che in un solo uomo non ho idea di come faccia a starci. Un uomo grande, immenso che con parole semplici e dirette sa comunicare a tutti, dal bambino più piccino all’anziano.
Nel pomeriggio sono poi riuscita finalmente a vedere lo spettacolo de “Il tappeto di Iqbal”. Questi ragazzi di Barra (quartiere a forte presenza camorrista di Napoli) regalano emozioni. Le lacrime mi hanno riempito gli occhi. Hanno una forza che lascia interdetti. In confronto a loro, che ogni giorno combattono contro una realtà che tenta di schiacciarli, mi sento davvero una che non fa niente. Giovanni Savino, il presidente della cooperativa, è un vero e proprio angelo per quei ragazzi.
I ragazzi de Il tappeto di Iqbal e Giovanni Savino
Sono rientrata a casa a mezzanotte passata. Stanchissima, ma carica come solo dopo giornate come questa si è. C’è voglia di fare, di combattere ancora di più, di dare un contributo davvero significativo. Il master che sto seguendo forse mi aiuterà ad avere delle competenze che mi serviranno per fare qualcosa di davvero utile.
Ho tanti amici che se sono andati da questo Paese, disgustati, stanchi. Convinti che non ci sia alcuna possibilità di ripresa. Hanno compiuto una scelta difficile: lasciare casa, lasciare la famiglia, gli amici, gli amori per andare a vivere in un Paese straniero. Io però non condivido.
Se ce ne andassimo tutti chi ci penserà a questa Italia? Non possiamo aspettare che siano altri a rimetterla in sesto. Sicuramente non sarò io a “salvare il Paese” però vorrei fare la mia parte. Per me, per il mio futuro, per il futuro di mio fratello. Ma non solo. Anche per tutti coloro che vanno via. Per dargli la possibilità di avere sempre un posto da chiamare CASA in cui tornare, perchè perdere la fiducia nel proprio Paese di origine è terribile. Viaggiare, fare esperienze all’estero fa crescere ed è fantastico, ma non avere un luogo in cui tornare e sentirsi davvero a casa destabilizza, ti lascia senza radici. E cosa potrai mai costruire senza radici?
Ci sono tanti, troppi motivi per andarsene, io, nel mio piccolo, ho trovato dei motivi per restare e combattere. Una speranza di miglioramento c’è, io ci credo. Ora potrete darmi della povera illusa, può essere, ma sarò una povera illusa che almeno ci ha provato.
Buona domenica
😉 A.